La riforma del lavoro sportivo in ambito dilettantistico.
A partire dal 01/07/2023, per effetto del combinato disposto del D.Lgs. n. 36/2021 (Riforma del lavoro nello sport) e del D.Lgs. n. 163/2022 (decreto integrativo e correttivo del primo decreto), è nata la figura del “lavoratore sportivo”, vale a dire ogni tesserato, professionista o dilettante, che, a fronte di un corrispettivo in denaro, esplica mansioni necessarie allo svolgimento di attività sportiva, come individuate dai regolamenti tecnici delle singole federazioni affiliate al CONI.
Un nuovo impianto legislativo, fiscale e contributivo che avvicina il mondo dello sport dilettantistico a quello del professionismo, almeno in termini di tutele giuridiche, modificando radicalmente un sistema che fino all’entrata in vigore della riforma era regolato da una legge vecchia di 40 anni (Legge n. 91/1981).
In sostanza, dalla stagione sportiva 2023/2024, il tesserato per la società/associazione dilettantistica che svolge attività sportiva (atleta, allenatore, preparatore atletico, istruttore, direttore sportivo ecc.) e che per lo svolgimento delle proprie mansioni percepisce un compenso in denaro, di qualsiasi importo e senza alcuna limitazione, sarà considerato a tutti gli effetti un “lavoratore sportivo”.
Per inquadrare questi lavoratori esistono due tipi di contratto, oltre al normale contratto da dipendente, che sono il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (c.d. co.co.co.) e la prestazione di lavoro autonomo (i classici titolari di P.IVA).
La riforma stabilisce che, salvo diversa ed espressa qualificazione, la forma contrattuale che si presume applicata al lavoratore sportivo sia quella dei co.co.co. e sotto tale profilo sempre la riforma fissa in 24 ore settimanali, esclusa la partecipazione a manifestazioni sportive, il limite al di sotto del quale vige la presunzione legale per tale tipologia di contratto.
Nei contratti co.co.co. del lavoratore sportivo, oltre al compenso fisso, sarà possibile inserire anche premi al raggiungimento di particolari obiettivi e tali premi saranno soggetti a ritenuta d’acconto per l’intero loro ammontare, solo se superiori a 300 euro annui, e dunque non andranno a costituire reddito da indicare nella dichiarazione dei redditi del tesserato.
La riforma disciplina anche la sorte del compenso pattuito per il lavoro sportivo nel caso di esonero del tesserato e prevede che il compenso in parte fissa previsto nel contratto dovrà essere sempre pagato per l’intero dalla società/associazione sportiva dilettantistica, mentre quello in parte variabile sarà dovuto in misura proporzionale al periodo contrattuale in cui il rapporto ha avuto esecuzione.
La modifica di maggiore impatto introdotta dalla recente riforma riguarda l’inquadramento fiscale e contributivo dei compensi percepiti dai lavoratori sportivi.
Prima della riforma, come noto, la maggioranza del comparto dilettantistico faceva riferimento all’art. 67 T.U.I.R. e quindi all’istituto dei c.d. “redditi diversi”, in base al quale i soggetti che percepiscono compensi al di sotto dei 10.000 euro annui non sono tenuti a pagare l’IRPEF ed i contributi previdenziali e non devono presentare dichiarazione dei redditi.
L’impianto introdotto con la riforma, invece, istituisce tre distinte fasce reddituali : (i) fascia fino a 5.000 euro annui, per la quale rimane l’esenzione totale dagli obblighi sia fiscali, che contributivi; (ii) fascia tra i 5.000 e i 15.000 euro, per la quale sono dovuti unicamente i contributi previdenziali, ma solo sul 50% del compenso fino al 31/12/2027.
Ciò darà diritto al tesserato di usufruire dei vari benefit previdenziali, quali malattia, maternità, disoccupazione ecc.; (iii) fascia oltre i 15.000 euro, per la quale sono dovuti sia i contributi previdenziali (sempre sul 50% del compenso fino al 31/12/2027), che l’IRPEF, per la quota ovviamente eccedente i suddetti 15.000 euro.
Come è possibile constatare, con la riforma viene innalzata la soglia esente da tassazione, che prima era di 10.000 euro annui ed ora è portata a 15.000 euro annui, con l’eventuale eccedenza che concorre a formare il reddito del “lavoratore sportivo” tassato secondo le aliquote ordinarie.
La società/associazione sportiva dilettantistica destinataria delle prestazioni del “lavoratore sportivo” è tenuta ad un duplice adempimento; da un lato dovrà comunicare al Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche il rapporto di lavoro instaurato con il proprio tesserato, comunicazione che, per i rapporti di lavoro sportivo, è a tutti gli effetti equiparata a quella al centro per l’impiego per i normali rapporti di lavoro; dall’altro lato dovrà depositare il relativo contratto sul portale della FIGC contestualmente ed unitamente al modulo del tesseramento, pena l’impossibilità di procedere al suddetto tesseramento.
Altre importanti novità della riforma sono costituite dal mantenimento della prestazione di lavoro occasionale, alla quale si applicherà però il regime ordinario e non quello sportivo, e dall’introduzione dell’apprendistato nel dilettantismo a partire dal compimento del 14° anno di età. Inoltre, nel caso in cui l’attività comporti un contatto diretto e regolare del “lavoratore sportivo” con soggetti minori, l’operatività del contratto è espressamente condizionata all’acquisizione del certificato penale del casellario giudiziario.
Da ultimo, va segnalato che l’impianto del regime del volontariato nello sport dilettantistico è stato sostanzialmente confermato dalla riforma.
Pertanto, il tesserato che intenda svolgere le proprie mansioni in favore di una società/associazione sportiva dilettantistica per mero spirito mutualistico e gratuito potrà ancora farlo, sottoscrivendo una dichiarazione di prestazione volontaria, anche questa da depositare nel portale della FIGC all’atto del tesseramento, contestualmente e unitamente a quello.
Dal punto di vista retributivo, il volontario non potrà ovviamente percepire alcun compenso per la propria attività, ma solamente un rimborso spese.
Sotto tale aspetto, a differenza della precedente normativa, la riforma ha apportato le seguenti modifiche : (i) il rimborso delle spese documentate sostenute dal volontario non ha più come parametro di riferimento “la trasferta”, ma più in generale “l’attività svolta”, ricomprendendovi quindi tutte quelle spese sostenute dal tesserato ai fini dello svolgimento della propria attività; (ii) al volontario è possibile erogare un rimborso spese forfettario non documentato, ma supportato da apposita autocertificazione, entro il limite massimo di 150 euro mensili, che non andranno a costituire reddito.
Avv. Matteo Buttò