C’era una volta un bambino innamorato del gioco del pallone. I suoi tentativi di giocare nella squadra del suo paese non sono andati a buon fine, visto che i piedi non erano proprio educati, spingendolo a praticare un altro sport di squadra altrettanto bello ed avvincente (la pallacanestro). Ma la passione per il football non si è mai indebolita, anzi, con il passare degli anni è cresciuta. Quel bambino ora è un adulto. Quel bambino sono io, un tifoso che continua ad emozionarsi per le partite di alto livello, ma che ha anche la fortuna di seguire come giornalista il gioco del calcio nella sua dimensione più vera e vicina al popolo, quella del dilettantismo. Ma siamo così sicuri che al giorno d’oggi sia davvero una fortuna, soprattutto quando si parla di giovanili?
Purtroppo la risposta sta diventando sempre più spesso “NO”. Capita sempre più di frequente, infatti, di assistere sugli spalti (ma qualche volta anche in campo) ad episodi di maleducazione e/o violenza che di certo non sono in linea con i valori che ci insegna lo sport in generale e lo sport di squadra in particolare. Scrivo queste righe dopo aver assistito all’ennesimo scempio, che ha portato l’arbitro a fischiare in anticipo la fine della partita. Il motivo: l’invasione di un adulto (probabilmente il genitore di un giocatore) entrato in campo per “risolvere” in prima persona una situazione sicuramente poco piacevole, ma che di certo andava gestita in un altro modo.
Tutto è nato da un gesto di mancato fair play. Vedendo un loro compagno a terra, i giocatori di una squadra hanno messo la palla in fallo laterale. Gli avversari, seguendo le regole non scritte del galateo sportivo, avrebbero dovuto restituire la palla, invece sugli sviluppi della rimessa hanno segnato un gol. Ovviamente ne è nato un parapiglia, con qualcuno che ha un po’ esagerato nei toni, ma nel giro di pochi minuti le squadre sembravano pronte a trovare un accordo (in pratica, la squadra che ha fatto il gol avrebbe lasciato segnare una rete agli avversari in modo da rimettere a posto le cose). Peccato che poi la situazione sia degenerata e alla fine l’arbitro ha dovuto chiudere anzitempo la partita, con gli animi che sono rimasti caldi, più fuori che dentro il campo a dire la verità, anche dopo il triplice fischio.
Non ho fatto i nomi delle squadre in questione perché non voglio parlare del singolo episodio (il servizio sulla partita uscirà sul nostro canale YouTube martedì): oggi le cose sono andate un po’ oltre la media, ma purtroppo situazioni del genere sono diventate la normalità. Gli insulti all’arbitro (che, non dimentichiamocelo, il più delle volte è un ragazzino anche lui) sembrano obbligatori fin dal primo minuto. I battibecchi tra “tifosi” sono quasi all’ordine del giorno. Spesso, anche dirigenti e allenatori sembrano dimenticarsi che stanno assistendo a partite tra giovanotti dai tredici ai diciotto anni e che non si stanno giocando la finale di Champions League contro i rivali di una vita. Per fortuna i ragazzi in campo dimostrano sempre di essere più equilibrati: anche oggi si scambiavano il cinque quasi subito dopo l’episodio incriminato e la seguente zuffa.
E l’ottimo comportamento dei giovani calciatori va rimarcato, perché il più delle volte riescono a non farsi trascinare dal nervosismo che serpeggia sugli spalti. Quindi non rimane altro da fare che ringraziare proprio loro, i protagonisti in campo, perché riescono a portare avanti questa grande passione, e chiedere ancora una volta a tutti gli altri (noi altri) -genitori, spettatori, allenatori, dirigenti, giornalisti e addetti ai lavori- di darsi una calmata, perché abbiamo raggiunto dei livelli davvero insopportabili e se si va avanti così il rischio di rompere il giocattolo è sempre più concreto. E voi cosa ne pensate? Avete assistito ad episodi poco piacevoli nei campi di calcio? Fatecelo sapere nei commenti!
Ubaldo Cricchi